Il Cacciucco


                                         IL CACCIUCCO SECONDO CIOLLI


L’origine delle zuppe si perde nella notte dei tempi, siano queste di magro o di pesce, mentre l’identità della parola cacciucco appare una risultante di vari idiomi non precisamente ricostruibili.
C’è da dire che in mancanza di un origine certa la storiografia si  è rifatta ad inventare storielle più o meno attendibili che hanno però un’unica matrice riconducibile ad un cibo per povera gente.
Sia si parli della storia di Ferdinandone dei Medici che trova nella zuppa degli operai che stavano costruendo la sua città ideale, il modo di conoscere le usanze plebee del loro cibo; sia con la storia di Amedeo Testalunga e di suo zio, il pescatore Giovanni Del Fattore, che donatogli del pesce per rifocillarsi durante il viaggio che lo condurrà a Parigi, non trova di meglio, di rifocillarsi in terra di Burlamacco, con quegli avanzi di pescato cotti frettolosamente in un padellino con un po’ di  pomodori raccolti in un orto e irrobustiti da qualche rosicchio di pane.
Come non ricordare l’uomo del Faro che cuoceva i pesci sul proprio posto di lavoro, appannando le lenti del faro stesso o del bambino che portato all’ospedale urgentemente per un mal di pancia; alla domanda del dottore alla mamma, su che cosa gli fosse dato da mangiare, quella rispose un po’ di vino…e il dottore inorridito ribatté, come è possibile, del vino! E la donna di rimando: “Dottore dopo il cacciucco cosa li dovevo dare…un bicchiere d’idrolitina?”
Le storielle hanno segnato l’isolamento di questa pietanza che per secoli è stata rivolta unicamente alla povera gente, che trovava modo di riempire la pancia con questa zuppa fatta di avanzi di pescato, in genere di bassa qualità, sia per specie che per dimensione.
Il tempo e prima fra tutto la rivoluzione vincente di una borghesia che iniziò a codificare le ricette rendendole commisurate alla posizione che questo ceto stava raggiungendo nella società, portarono cambiamenti sostanziali a tutte le cotture e preparazioni, non ultima quella del cacciucco. E’ proprio nell’ottocento, che la cultura prende atto della cucina contadina, delle varianti regionali, dei metodi di cottura e delle novità di conservazione ed è in quel momento che si forma l’identità regionale e locale.
L’introduzione della salsa di pomodoro (concentrato) e più tardi del pomodoro fresco dettero ancora importanti cambiamenti al nostro piatto che viene indicato dal De Mauro, da Emilio De Felice e Aldo Duro di derivazione araba, per lo meno dalla sua provenienza fonetica, riconducibile ad un cibo della città di Livorno.
Inoltre c’è da dire che la Nazione ebrea con il suo linguaggio di misto iberico, giudaico, arabo, italiano e livornese formalizzatosi nel ‘700, specialmente fra la gente di basso casato, generalmente residente nella parte centrale e malandata della città, possa aver influito sull’origine della parola, trasformando quella parola araba, che ricordava una minutaglia di cibo, nella parola nostra ovvero: Cacciucco.
Comunque i cultori della lingua italiana, sono concordi nel rilevare che la parola giusta conta di cinque “C” e forse dato che i grandi cuochi ed i giornalisti, così come gli scrittori di cucina, non conoscendo il nostro vernacolo, che nel tempo è diventato tradizione, intendono con difficoltà l’accostamento delle famose cinque “C”, dimenticando il rafforzamento fonosintattico in uso a Livorno, tralasciando le vere appartenenze.
L’Artusi, in una prima ricetta del “Cacciucco 1”, lo definisce un piatto in uso nei porti di mare, in particolare della Toscana, ove il pesce si trova fresco e con le specie occorrenti al bisogno. L’uomo dai grossi baffi, soggiornò a Livorno nel 1853, mangiava di solito nelle trattorie a buon mercato e possiamo supporre gli venissero servite anche zuppe di pesce povero che comunemente arrivavano nelle tavole delle bettole. Degne di nota quelle in prossimità del “Ponte alla Sassaia” (casa “rossa”; “verde”; “bianca”), nelle quali già dalla fine dell’ottocento venivano serviti Cacciucchi.
Sorge spontanea una domanda: prima dell’unità d’Italia esisteva un altro porto nel Granducato che potesse competere con Livorno e le sue tradizioni gastronomiche? La risposta può essere solo un deciso no. Aggiunge Artusi, che essendo preparazione assai greve, bisogna guardarsi dal farne una scorpacciata, ma era uomo di Forlimpopoli e di pesci ne sapeva poco, dato che nel suo libro solo una quarantina di ricette vengono dedicate al cibo di mare. Comunque da buon gastronomo aveva già una visione futurista del Cacciucco, che lo accompagna con fette di pane, “agliate” e non, senza essere inzuppate. Pane che sostituì le granitiche gallette elaborate nei forni della città dalla specializzata manovalanza araba.
E’ inequivocabile che le tradizioni mutano nei tempi ed i piatti si sono trasformati con il mutare delle stagioni, degli elementi, dei modi di cottura e anche il Cacciucco, con l’introduzione del pomodoro, del peperoncino ha mutato la sua ragione originaria, cambiando la sua identità e adattandosi al mutare dei tempi, delle mode e delle conoscenze gastronomiche. Nel tempo, si è detto, è variata la qualità del pane, che certamente è stato prodotto da farine di qualità; è cambiata la qualità dell’olio, sempre più buono, e sono cambiati i modi di cucinare, cancellando i fornelli a carbonella.
Tuttavia, le ricette hanno un’importanza fondamentale per trascrivere le tradizioni, che certamente mutano nel tempo e comunque devono però guardare avanti, mantenendo quelle linee guida che le appartenenze ci tramandano. Il nostro piatto simbolo è simile ad altre zuppe di pesce, ma è a Livorno che riceve i profumi del pomodoro, del peperoncino, del pesce passato ed è a Livorno che il Cacciucco prende la forza, la passione, il profumo, il sapore, il colore e la dignità di un gran piatto, unico nel suo genere, modificandosi da piatto umile per la povera gente a piatto ricercato e affascinante, diventando quindi l’emblema gastronomico della città.


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